Da scugnizzo a Re Mida, Rossi a 40 anni è e rimane leggenda

Un ragazzino ribelle di un paese mai sentito prima, Tavullia, ha scosso e cambiato come nessun altro prima di lui il motomondiale. Casinista, festaiolo, con un gran talento, Valentino Rossi si è imposto con merito nel gotha del motociclismo mondiale, scalando vette che, prima di lui, solo Giacomo Agostini è stato capace di salire.

“Mino” ha raccolto tanto, 15 titoli mondiali, Vale “solo”9 (più 115 gare vinte e 232 podi), ma si tratta di mondiali differenti e difficilmente confrontabili, entrambi sono campioni delle loro epoche e questo nessuno lo può mettere in discussione.

Ora Rossi compie 40 anni (il 16 febbraio), un’età limite per atleti di tutte le specialità, anche per lui. Sì, perché Valentino è ancora tra i piloti più forti della MotoGP, ma non è più, da qualche tempo il più forte. Sono ormai 10 anni che non vince un mondiale, l’ultima volta era il 2009, ma questo non significa che non sia un pilota tosto, che vende cara la pelle a ogni gara. Vincere il decimo titolo, viste le difficoltà della Yamaha in questi ultimi tempi e la forma dei suoi avversari appare difficile, ma nella MotoGP non si può mai dire.

Non c’è tifo nelle mie parole, non ho mai tifato per nessun pilota in particolare, ritengo il “tenere” per un determinato pilota a prescindere qualcosa che non fa parte della cultura del motociclismo. Del resto io tengo al motociclismo da prima che arrivasse Valentino Rossi, che è uno degli artefici del cambiamento di questo sport in Italia. Quando ho iniziato a seguire le gare di moto per passione, c’era Freddie Spencer, Kenny Roberts, Eddie Lawson, Wayne Gardner, Kevin Schwantz e poi Reinold Roth, Luca Cadalora, Fausto Gresini, Ezio Gianola, Doriano Romboni e Max Biaggi. All’epoca il motociclismo era uno sport che definire di nicchia è esagerato, diciamo che non lo conosceva quasi nessuno fatto salvo gli appassionati, che erano decisamente pochi.

Poi arrivò quel ragazzino scapigliato e irriverente. Nel mirino mise subito Max Biaggi e lo prese in giro come fanno i bambini con i grandi per sfidarli e metterli a disagio. Rossi ci riuscì, costruendo un personaggio, negli anni, per niente artificiale, ma genuinamente vero. Rossi in moto si divertiva e si diverte, altrimenti sarebbe a fare altro alla sua età, credo.

Valentino ha cambiato il mondo del motociclismo sportivo, indelebilmente. Il ragazzo di Tavullia è passato da scugnizzo a Re Mida, infilando successi sportivi ed economici di pari passo. Oltre ad essere il pilota in attività con più mondiali vinti (9), è anche laureato (honoris causa a Urbino in Comunicazione) e a capo di un azienda, la VR46, che è diventata molto importante e potente. Oggi Valentino Rossi, anche se non ha più lo stipendio che ha percepito in Ducati, si stima abbia un giro d’affari (compresa la VR46) di oltre 100 milioni di euro l’anno. Non solo. La sua azienda ha sotto contratto i piloti italiani più forti di Moto3 e Moto2, controllando di fatto il mercato di queste due categorie. Rossi è anche maestro. La sua Academy sforna talenti, talmente bene che la Federazione Motociclistica Italiana ha dovuto “spegnere” il suo team Italia. Il vivaio di talenti della Federazione di fatto, oggi lo gestisce Vale. Ma non è tutto qui. La VR46 (che non è solo Valentino, sia chiaro) è nel business del merchandising e sforna prodotti per il mondiale (apparel di piloti anche concorrenti di Vale) fino a divise per campionati monomarca in altre specialità motoristiche.

Un vero talento, un imprenditore, un campione. Valentino Rossi ha cambiato il modo in cui si corre, la maniera in cui si approcciano le gare – Filippo Preziosi, ex DG di Ducati Corse paragonò un debriefing di Vale a una lezione di ingegneria -, il modo in cui si massimizzano gli affari. Rossi a 40 anni è un uomo arrivato? Certo che lo è. Potrebbe fermarsi soddisfatto ora e dire: “Ho costruito un mondo che non c’era prima”. Non lo farà. Perché se ancora ti diverti a fare quello che fai e il tuo piacere è più forte di tutto, non ti fermi.

In molti domandano a Rossi (o a chi gli sta intorno) quando si ritirerà. Forse lo farà tra due anni, quando scadrà il suo contratto con Yamaha, forse no. Forse lo farà quando Marquez avrà conquistato i suoi stessi titoli (ora è a 7 mondiali vinti lo spagnolo), forse quando il fratello, Luca Marini, arriverà in MotoGP.

Ricordo ancora quando Manuel Poggiali mi disse il perché stava decidendo di ritirarsi dal mondiale, le sue parole sono stampate nella mia mente: “Non mi diverto più, ho perso la motivazione e quando un pilota perde la motivazione è pericoloso”. Ecco, Rossi a 40 anni ha una motivazione enorme, chiara e cristallina. Forse non è nemmeno più il decimo titolo il suo vero obiettivo, forse vuole vedere se è stato un buon maestro e adesso ne ha la possibilità con Francesco Bagnaia e Franco Morbidelli in MotoGP.

Chiudo questo mio pezzo su Valentino Rossi, consigliandovi la lettura del libro di Enrico Borghi che si intitola “Pensa se non ci avessi provato”, lettura che dovrebbe fare anche la prof di Storia dell’Arte di Valentino, che fu la prima, nel caso di Rossi studente (come raccontato alla trasmissione “Che Tempo Che Fa”), a non credere nelle infinite possibilità che la passione di spinge a ricercare e a provare.

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