La MotoGP forse ha messo (troppo) le ali

Sono passati già alcuni giorni dai primi test veri del 2024, quelli di Sepang, in Malesia, ed è già da un po’ che penso a quanto ho visto e mi preoccupo di quanto vedrò.

La MotoGP ha messo un po’ troppo le ali. La rincorsa alla prestazione c’è sempre stata, non c’è dubbio, del resto questo è un campionato di prototipi, ma mai come quest’anno la classe regina sta andando fortissimo, in termini di prestazioni ma anche e soprattutto verso un format che il motociclismo non ha mai perseguito prima.

Da un paio di stagioni gli organizzatori della MotoGP si sono resi conto di una perdita fisiologica di spettatori e di interesse, soprattutto nei fortini storici del campionato. L’Europa non tira più come prima, con l’uscita di scena per raggiunti limiti di età di Valentino Rossi, l’appeal è sceso, gli appassionati non vanno più numerosi a vedere le gare e anche in TV lo share non è più quello di una volta. Cosa fare allora? Spettacolarizziamo!

Prima la Sprint Race, introdotta lo scorso anno, adesso luce verde allo sviluppo aerodinamico. Indubbiamente hanno ragione loro. I tempi sul giro si abbassano e lo abbiamo visto proprio a Sepang, dove Francesco Bagnaia ha fatto segnare un nuovo record della pista, non solo lui, anche altri 5 piloti che hanno abbassato i tempi di riferimento. Ma sta diventando tutto troppo alieno, distante. Codoni soffianti (Aprilia), ali portanti (tutti), carene ornate, tubi di pitot, c’è tutto il repertorio della sofisticazione esasperante, quella che ti fa domandare quanto il pilota faccia realmente la differenza.

Le ali stanno facendo somigliare sempre di più le moto – romantico rimando all’era dei valorosi cavalieri – alla Formula 1 (asettico mondo austero dal quale gli utenti delle due ruote si sono sempre voluti tenere lontani).

Stiamo assistendo dunque, sempre di più, a un ricambio di interessi cercato a tutti i costi a vantaggio di una generazione, quella più attuale, attenta più ai trending topic che alla visione romantica dell’uomo che sconfigge una macchina difficile e imbizzarrita. Non sto dicendo che le MotoGp siano semplici, tutt’altro, ma quando nel box la differenza la fa la capacità di calcolo che c’è dietro ai meccanici, beh non mi sento a mio agio.

Il mondo va così – vero – ma siamo certi che l’addomesticamento elettronico per imbrigliare mandrie di cavalli e le appendici aerodinamiche, a momenti montate anche sulla schiena del pilota, sia quello che vogliamo vedere? Le gare delle moto sono fatte di individualismi, di combattimenti corpo a corpo, tutte cose che si andranno a smussare, per la sicurezza (le ali sono sempre più ingombranti) e per un fair play automobilistico del quale francamente farei a meno. Meno Sprint e più race, mi verrebbe da dire.

Siamo arrivati a un punto di svolta però. Da una parte c’è una evoluzione infinita fatta di algoritmi, AI, gallerie del vento, ingegneri; dall’altra c’è un mondo antico fatto di rivali, passioni e moto che, da questa parte della televisione, potevamo immaginare di avere in garage.

Cosa vogliamo? Non lo so. Quello che vorrei io somiglia molto al duello Rossi – Lorenzo a Barcellona nel 2009, ma forse sono io quello fuori tempo ormai.

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