Roma dichiara guerra alla storia (del motorismo)

La città più antica del mondo, quella con più storia al suo interno, Roma, ha deciso e ribadito che le auto e le moto d’epoca non possono più circolare.

Tutto nasce dalla delibera della nuova “Area Verde” disegnata su una parte molto importante della città eterna dall’Assessore alla (non) Mobilità Eugenio Patanè, lo scorso 22 novembre 2022.

Su più della metà della città è stata disegnata una forma verde (fascio ecologista), nella quale non possono circolare veicoli fino a Euro 3 per le auto a benzina, fino a Euro 4 per le Diesel, fino a Euro 2 per le moto. Non basta, c’è anche il divieto assoluto di circolazione per le auto e moto d’epoca. Una sola deroga: è consentita la circolazione solo la domenica (non in quelle dette ecologiche) o durante la settimana solo per un evento autorizzato dal Comune.

Avete letto? Brutto eh. Come dire: signori e signore, da domani i vostri veicoli storici li potete buttare via perché non è consentito nemmeno fare una revisione o portare il mezzo dal meccanico, cose che come è noto non è possibile fare di domenica.

Non c’è solo questo aspetto. Patanè non ha considerato l’azzeramento di un indotto di lavoro e denaro che gli appassionati di auto e moto d’epoca generano sul territorio. Meccanici, gommisti, benzinai, assicuratori, tasse di circolazione, costi di revisione, tutto questo si fermerà perché se non è possibile usare i mezzi storici, non ci saranno interventi di manutenzione, per i ricambi e per la mano d’opera. Senza pensare a tutti quei tour operator che usavano le Vespa o i vecchi pulmini VW T1 per fare visite nel centro storico. Anche loro senza stipendio, con veicoli che non possono essere utilizzati.

Bene, ma non c’è solo questo. Il Comune e Patanè con la scusa di curarsi della qualità dell’aria della città, va a demonizzare e a sanzionare pesantemente senza per altro offrire soluzioni di mobilità pubblica definibili decenti (i cittadini romani bocciano ogni anno proprio il SP e la raccolta dei rifiuti), senza risolvere minimamente il problema che va ben oltre le emissioni (ridicole) di pochi mezzi storici nella marea di auto che ogni giorno frequentano le strade cittadine. C’è da dire poi che da solo il traffico veicolare in una grande città impatta meno del 30% sulla qualità dell’aria, ora consideriamo che il 5% di questo 30 – e sono stato più che generoso – sia rappresentato dai veicoli storici, cosa abbiamo risolto?

L’ostracismo verso la mobilità privata a vantaggio di una pseudo mobilità pubblica tra autobus in fiamme o poco manutenuti (inquina pure quello), metropolitana più ferma che in marcia corredate da servizi (ascensori e scale mobili) non funzionanti, sono un mantra per una amministrazione che non capisce cosa sta facendo.

Amministratori comunali che non capiscono perché non hanno gli strumenti e le capacità come testimoniato dall’ultima riunione fatta in Campidoglio lo scorso 5 aprile nella sala delle bandiere dove al tavolo si sono seduti l’Assessore Patanè, i membri della commissione mobilità e i rappresentanti delle associazioni storiche Scuderia Romana La Tartaruga, il Circolo La Manovella, oltre i rappresentanti di ASI (Automotoclub Storico d’Italia) con i presidenti dei registri storici di Alfa Rome, Lancia e Fiat.

Ebbene com’è andata? Tutti si sono alzati dal tavolo senza nessun progresso. Patanè è arrivato con nessuna proposta, ha ascoltato ma non ha saputo o voluto trovare soluzioni, rimandando il discorso a un tavolo più ristretto. Rimandare all’infinito, forse è questa la strategia dell’amministrazione capitolina. Sulla questione prima o poi si pronuncerà anche il Tribunale Amministrativo Regionale, coinvolto dalle associazioni storiche, che però anche lui non ha ancora fissato una data sul pronunciamento dopo aver chiesto più tempo rispetto all’udienza che si sarebbe dovuta tenere lo scorso 8 marzo.

Mi schiero con le associazioni di categoria, fortemente e fermamente. Sono d’accordo con la transizione ecologica ma non sono assolutamente in sintonia quando si cerca di cancellare la storia del motorismo.

E’ come tirare giù il Colosseo perché è un rudere che non serve a nessuno o perché rappresenta un luogo sede del martirio di molti uomini e donne in nome del divertimento dei sovrani dell’antica Roma.

Il fascio ecologismo è la cosa più inutile che si possa fare. Vietare senza alternative, relegare mezzi storici riconosciuti tramite il certificato di rilevanza storica (quindi non sto parlando dei mezzi vecchi, ma storici) a rottami è un atto barbaro, violento al pari delle limitazioni alla libertà personale e d movimento che la Costituzione italiana non ammette.

Facciamola finita con la eco-demagogia e rimaniamo con i piedi per terra. Basta estremismi e miopie in nome di un ecologismo che così non funziona, perché le imposizioni sulla mobilità non vanno d’accordo con la libertà.

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