Ivano Beggio, alcuni se lo ricordano, molti non sanno nemmeno chi fosse. Io ho avuto l’occasione di conoscerlo, un pochino. Mi assunse, su suggerimento di Matilde Tomagnini, per seguire l’ufficio stampa dell’Aprilia nella MotoGP nel 2004.
Appassionato di moto, ma digiuno di paddock, entravo all’epoca dalla porta principale, in un modo che a me sembrava magico. Con me portavo la mia esperienza fatta in uffici stampa istituzionali e automotive. Avevo tutto da imparare.
Ivano Beggio incarnava lo spirito imprenditoriale del nord est, con quella punta di fantasia che ha condizionato la generazione mia e anche di quelli prima di me. Le moto colorate in modo bizzarro, nella produzione di serie e in pista. Ve la ricordate l’Aprilia 250 ufficiale verde rossa e lilla? Visionario nelle scelte tecniche, dalla bicilindrica due tempi per la 500 alla RSCube, un ordigno di difficile gestione per via di quella fetta di motore Cosworth infilata in una ciclistica massiccia e in una carena appuntita.
Ma Beggio era anche quello dello Scarabeo, delle moto 50cc, belle come quelle grandi, dei 125 da fuoristrada sopra ai quali ti sentivi in grado, da sbarbato, di arrivare ovunque nel mondo. Era soprattutto il padre, assieme a Jan Witteveen, di un reparto corse ancora oggi all’avanguardia, fatto di persone speciali, appassionate ed estremamente competenti (che oggi per la maggior parte non sono più in Aprilia, purtroppo) che davano la vita a quelle 125 e alle 250 che hanno reso per molto tempo le classi minori, le regine del mondiale con Biaggi, Capirossi, Harada, Rossi, Locatelli, De Angelis, Stoner, Melandri, Gramigni e soprattutto con l’aiuto dietro le quinte di Marcellino Lucchi in veste di silenzioso ma efficace collaudatore.
La storia non ha compassione, le vendite nemmeno, i numeri non ne parliamo proprio. Quando Aprilia fu rilevata dal Gruppo Piaggio, divenendo un marchio della sua galassia e non più una azienda fine a se stessa, ero ancora al servizio di Noale. Le cose cambiarono, la passione del “paròn” venne gradualmente sostituita dai processi di una grande azienda. Inevitabilmente, anche il reparto corse, sede del genio e della sregolatezza del suo fondatore, venne assoggettato alle nuove regole, che erano necessarie per sanare i bilanci in rosso di Aprilia. In quel momento tutti perdemmo un po’ della motivazione, ma non la voglia di vincere, che è rimasta anche successivamente. In molti dei “vecchi” di Aprilia sono rimasti in contatto col “paròn”, perché non c’è migliore memoria storica di una azienda se non quella che ha creato l’azienda stessa.
Oggi Ivano si è congedato da questa terra e io lo volevo salutare così, ricordandolo a Genova, sorridente, nella mia prima presentazione MotoGP, con Shakye Byrne e Jeremy McWilliams e la RSCube.
Addio “paròn”.