Cilindrate in aumento e limiti, cosa succede alle moto moderne

Vi siete accorti che nel mondo delle moto c’è una rincorsa all’aumento delle cilindrate, mentre sotto al cofano delle vostre automobili (soprattutto quelle di nuova generazione) i cilindri e le cubature diminuiscono?

Stavo riflettendo su questo aspetto e siccome lavoro nel mondo dell’automotive, mi sono documentato quel poco per scrivere queste righe.

Al contrario di quanto accaduto per le quattro ruote, dove si assiste ancora al fenomeno del “downsizing” ovvero della diminuzione delle cubature dei motori per una maggiore efficienza complessiva con l’utilizzo di turbocompressori per favorire l’erogazione ai bassi e all’elettrificazione (leggera o pesante a seconda dei casi) per migliorare le emissioni così che oggi abbiamo motori da un litro in grado di erogare fino a 120 cavalli in media, le moto stanno apparentemente facendo il contrario.

Ammiravo stupito alle foto dei prototipi beccati su strada delle nuove BMW che sembra stiano per adottare un motore da 1,3 litri, più grande dell’attuale 1250, che pure veniva da 3 generazioni diverse di 1200, una di 1150 e una di 1100. Nel tempo il glorioso boxer tedesco è cresciuto costantemente alla ricerca non di affidabilità, ma di efficienza. E infatti l’attuale generazione, con il raffreddamento a liquido eroga ben 136 cavalli, forse troppi per le velleità turistiche delle moto con l’elica sul serbatoio.

Poi Moto Guzzi ha fatto la sua mossa, con la Mandello V10 da 1000 cc. Un motore nuovo, più piccolo, più moderno e con raffreddamento a liquido. Una svolta. Ma perché, visto che il V2 da 850cc che equipaggia la V7 e la V85TT va bene e sembra accontentare tutti?

Da una parte il marketing e la ricerca di nuovi clienti, ma più pressante è l’arrivo della nuova normativa anti inquinamento Euro 5+ che dovrebbe entrare in vigore nel 2024, quindi tra 3 anni. Nonostante di acqua sotto i ponti ne debba ancora passare molta, le normative anti inquinamento sono “i regolamenti tecnici” ai quali le case moto (e auto) devono stare se vogliono partecipare al gioco del mercato.

Dunque, mettiamola così. Un costruttore ci mette circa due anni e mezzo tra pensare un modello completamente nuovo per poi metterlo in vendita. In questo lasso di tempo deve pensare a: disegnare qualcosa che il pubblico vorrà comprare e mettere sul mercato un modello che dovrà rimanere in commercio come minimo 5 anni che possa fare magari da piattaforma a nuovi modelli (come da anni fa BMW ad esempio e come sta facendo anche Guzzi).

Ebbene la Euro 5+ sta diventando veramente una brutta bestia per tutti i costruttori. Per farvi un esempio la Yamaha ha dovuto pensionare la sua Superténéré perché non poteva rientrare nella Euro 5 che è entrata in vigore all’inizio dell’anno, mentre la Honda sta per pensionare la sua classic CB1100 con una Final Edition, poiché a Tokyo sanno già che il modello non passerà i limiti futuri.

Ma cosa prevede la Euro 5+? I limiti fissati per la Euro 5, partiamo da qui, sono di 1 g/km per la CO, 0,1 per gli HC, 0,06 per i NoX, che già obbligano a diversi accorgimenti a livello di catalizzatore e di elettronica per ottimizzare l’iniezione del carburante in maniera sempre più precisa. La 5+, aggiunge a questi limiti, una verifica su strada del modello omologato da fare su strada in tre momenti diversi, uno a 11.000, uno a 25.000 e uno a 35.000 km percorsi per i motoveicoli rispettivamente da 11 kW, 35 kW e sopra 35 kW con un limite C0 da 0,7 g/km al massimo, obiettivo decisamente difficile da centrare.

Non basta. Se le moto euro 5 utilizzano la spia motore con la denominazione MIL (Malfunction Identification Lamp) che identifica per esempio se le sonde rilevano un cambio nell’emissione dei gas di scarico, inducendo il proprietario a passare in officina per un controllo, nella normativa 5+ all’accensione della spia, l’elettronica di bordo dovrà passare in modalità “recovery”, limitando le prestazioni e obbligando di fatto a recarsi in officina.

Con queste premesse, le case sono obbligate a cambiare modelli, e soprattutto motori, andando verso quei motori di cilindrata più alta, che mantengono la coppia e l’accelerazione, pur con catalizzatori più efficienti (e quindi più chiusi), grazie anche a una elettronica in grado di bilanciare meglio aria, carburante, accelerazione, inclinazioni, etc etc.

Dunque, quello che ho capito è che le medie cilindrate, quelle che conosciamo noi diventeranno più grandi, da 600 a 800, le moto di grande cilindrata saranno da 1.300 in su, mentre le 300/400 diventeranno le più virtuose, con mono/bicilindrici efficienti e più economici di uno scooter, prima di diventare tutti elettrici nel 2030, come vuole la Comunità Europea.

Detto questo non mi resta che citare il maestro Marco Masetti, che da anni professa: NO AL MOTOCICLISMO MODERNO, anche se so, che avrò un debole sempre per le due ruote (credo) con qualsiasi motore.

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