Con la Guzzi V85TT, 7000 km in giro per le Alpi

Questa volta, forse, ho esagerato. La classica sgroppata estiva in moto si è trasformata in una avventura di 7.000 km con un arco ideale di passi alpini che vanno dalla Slovenia alla Svizzera, senza farsi mancare nulla di quello che c’è in mezzo tra Austria e Italia.

Compagna di viaggio è stata la mia Moto Guzzi V85TT, che uso quotidianamente in città e che fa anche da tourer all’occorrenza. Bicilindrica vecchio stile, il V2 italiano è raffreddato ad aria e come da tradizione mandelliana ha il suo bravo albero cardanico di trasmissione, pochi cavalli (quasi 80) e tanto stile. Proprio il design della V85 mi ha convinto ad “arruolarla” nel mio garage, poi mi ha convinto anche la ciclistica rigorosa e la sicurezza dei freni Brembo e delle pinze radiali.

Dicevamo, chilometri. La voglia di staccare la spina da una prima parte dell’anno decisamente impegnativa dal punto di vista lavorativo, mi ha portato subito, insieme all’amico Max e la sua KTM 1290 Super Adventure, in Val Passiria a San Leonardo, che ha fatto da base alla prima settimana di scorribande. La Val Passiria è precisamente tra due passi; il Rombo e il Giovo. Da una parte si sale in Austria, dall’altra si scende verso Vipiteno.

Il Passo Rombo, che è impervio nella prima parte, quella italiana, diventa un vero e proprio parco giochi di curve in appoggio nella parte austriaca. Quando salite dal versante italiano, e arrivate in Austria, ci sono due cose da fare, la prima è pagare un pedaggio di 15 euro per entrare nel Paese (il costo serve a pagare i diritti di passaggio sulla strada fino a Solden (che è privata), la seconda cosa da fare assolutamente è visitare il Top Mountain Museum.

Si stratta del museo motociclistico più alto d’Europa che nell’inverno del 2020, in piena pandemia, era andato distrutto in un incendio che lo rase al suolo. E’ stato ricostruito completamente e ora ha anche più moto di prima!

Dall’altra parte di San Leonardo in Passiria c’è il Passo Giovo, affrontarlo per me ha significato festeggiare i 15.000 km con la Guzzi dal suo acquisto a ottobre del 2021. Questo passo è estremamente godibile e da pennellare nella parte iniziale, fino alla cima, dove ci sono due bar, uno che da sul versante della Val Passiria e un altro che affaccia sulla valle di Vipiteno.

Entrambi panoramici, sono ritrovi naturali per tutte le moto che arrivano. Da li, la parte che porta a valle verso Vipiteno non è il massimo per un asfalto poco curato, anzi, disastrato. Fortunatamente, da Vipiteno si può riprendere la strada e salire ancora una volta, in direzione del Passo Pennes che è a 2.200 metri sul livello del mare. Salire e scendere da questo passo è un vero godimento che ti porta fino a Sarentino prima e a Bolzano poi.

Da qui c’è solo una cosa da fare, allungare un po’ la strada e arrivare fino al Passo della Mendola che in certi giorni della settimana diventa, per i locals, una vera e propria pista e infatti si fanno notare i poliziotti che sono posizionati strategicamente sui tornanti.

Sempre in Alto Adige, ma in Val Pusteria, si trova il Passo Stalle. Si tratta di una chimera per quanto mi riguarda. Sì perché ogni volta che decido di andare, per una cosa o per l’altra alla fine non riesco. Stavolta, ci si è messo il meteo a complicare le cose.

Piogge torrenziali e alcuni smottamenti sulla strada del passo che porta, a senso alternato, in Austria, mi hanno impedito anche questa volta di raggiungere il mio scopo! Partendo dalla Val Passiria, calcolate, che mi sono fatto circa 400 km tra andare a tornare – sotto la pioggia – per non fare anche quest’anno lo Stalle! Ma prima o poi…

Una sgroppata che non ho filmato, invece, è quella che mi ha portato prima verso il Passo e il lago di Resia e poi, passando dalla Svizzera, prima sul passo Umbrail e poi sullo Stelvio.

Ebbene, un’altra giornata gloriosa, con temperature sempre tra i 19 e i 24 gradi, con panorami mozzafiato e strade magnifiche, fatto salvo per la porzione svizzera che porta all’Umbrail, che diventa mano mano sempre più stretta.

Questa strada, che è molto frequentata anche dai ciclisti, diventa molto pericolosa se la si percorre a cuor leggero con la manetta del gas in una mano disinvolta. Ecco, diciamo che il frontale con i pedalatori è un rischio da tenere in considerazione!

Sull’Umbrail Pass a 2503m s.l.m.

Dopo una settimana di passi con la Val Passiria come baricentro, è poi arrivato il momento di riunirmi con gli amici motociclisti di sempre, ovvero Max (che nel frattempo era tornato a casa per un problema improvviso), Mario e Nicola.

L’appuntamento era in Friuli. Io per non sapere ne leggere e ne scrivere, non mi sono fatto mancare anche in questo caso qualche km extra; dalla Val Pusteria ho deviato per Sesto, andando a percorrere la SS52 – che è magnifica – fino a Santo Stefano di Cadore in Veneto, per girare sulla SR355 in direzione di Sappada in Friuli. Da qui si scende verso, dopo Cima Sappada, Comeglians e poi via in direzione Ravascletto. Vi consiglio molto il Friuli, che è terra fantastica e tutta da scoprire.

Questa giornata l’ho poi conclusa a casa di Fabrizio – un vecchio amico motociclista – a Paluzza. Il giorno successivo ho cercato di raggiungere i miei amici.

La V85TT, dopo essersi fermata ha chiesto un passaggio…

Non ci sono riuscito subito in effetti. Dovevamo vederci a Trieste, ma li non ci sono potuto arrivare per la rottura di un relè della pompa della benzina, che si è piantato improvvisamente, ma fortunatamente non quando ero in movimento.

In buona sostanza stavo percorrendo una statale, quando le mappe su Maps nel mio telefonino, hanno iniziato a fare le bizze. Decido quindi di fermarmi per riavviare il device in una stazione di servizio, ma, niente da fare, una volta fatto, il motore non ne vuole sapere, non parte più.

Non mi perdo d’animo, chiedo all’onniscente Google quali siano le concessionarie in zona aperte e vedo quella di Pradamano, la Darghi Moto. Chiamo e avverto che avrei fatto portare la moto li e loro mi dicono “Speriamo bene, che domani chiudiamo per ferie”. Inizia a brontolarmi lo stomaco. Non ci voglio pensare. I miei giorni in moto rischiano di finire così.

Chiamo l’assistenza Guzzi, che mi ricontatta tramite un operatore super preparato che invia prontamente la richiesta per un carro attrezzi, che è – mi avverte – a soli 8 km da dove sono io. Benissimo – penso – potrei tentare di risolvere il problema in fretta, visto che sono le 11.30. Macché, nord o sud, a ora di pranzo non si fa nulla e mi tocca aspettare fino alle 14 l’arrivo del carro.

Una volta a Pradamano, il capo officina – che si chiama Luca e che ringrazio ancora – ha prontamente trovato il guasto (il relè) e ha anche aggiornato la centralina della mia Guzzi all’ultima mappa che risolve – quasi completamente – uno dei piccoli difetti della V85 ovvero il battito che si sente dal motore a caldo. A Pradamano (Ud) alla concessionaria Darghi Moto alla fine sono arrivati i miei amici, e il nostro “MUFLONTour2022” è iniziato da li.

La prima notte insieme, con tutta la truppa riunita, è stata spesa in Valbruna. Si tratta di una piccola enclave in terra friulana, una valle prima di Tarvisio, quindi molto vicino al confine con l’Austria e con la Slovenia.

Da li siamo partiti verso Kraniska Gora e poi sul passo Vrsicu (manca qualche accento) continuando sulla strada che ci avrebbe portato a Caporetto, dove però non siamo mai arrivati. C’era la volontà, ma non il tempo, anche perché non avevamo prenotato nulla e dovevamo trovare da dormire… in Austria.

Dopo un pranzo leggero a base di qualsiasi cosa in passato avesse avuto zampe e coda, abbiamo trovato un appartamento nei pressi di Hermagor in Austria da dove siamo partiti l’indomani per andare a percorrere la Nockhalm Strasse. Molti, anzi, tutti conoscono l’altra strada panoramica austriaca, ovvero il Grossglockner.

Beh nella mia personalissima classifica, il Nockhalm è decisamente più bello, soprattutto per guidarlo in moto.

I giorni con i Mufloni sono passati leggeri, tra km e goliardia e sono finiti in concomitanza con il ferragosto. Noi che partiamo senza prenotazione, che guardiamo se c’è posto in hotel solo quando ci siamo stancati, non possiamo nulla contro il 15 di agosto. Si tratta di una data che non ammette leggerezze e anche quest’anno, fosse Italia, Austria o Slovenia, no, di posto niente.

Calcolate che siamo 4 “grandi”, ognuno con le sue esigenze e facciamo fatica a dormire tutti insieme, mi correggo; non possiamo dormire insieme. Quindi anche quest’anno trovare 4 stanze singole a ridosso di ferragosto è stata un’utopia, così, gli amici hanno deciso di tornare a casa, mentre io provavo un tipo di motociclismo alternativo, ovvero quello che prevede tornanti e tenda.

Per il mio debutto in tenda ho scelto un bel campeggio, quello di Sarnonico, che è dotato anche di piscina. Bene – penso – con i Mufloni mi faccio Passo di Montecroce Carnico, poi loro andranno verso il Vajont e io mi allungo sul Passo della Mendola (fatto credo 3 volte quest’anno) per finire al campeggio di Sarnonico.

Vi spoilero com’è andata. Io e la tenda non possiamo essere messi nella stessa frase. Tutto bene il montaggio, tutto bene l’attrezzatura, ma la mia schiena ha alzato bandiera bianca.

Moto e tenda, tengo la prima e butto la seconda

Calcolate che mi ci sono voluti 3 giorni su un letto normale ospite dalla mia amica Barbara che mi ha fatto usare il letto del fratello a Tres per rimettermi in piedi. P.S. La tenda è ancora a Tres.

Una volta smaltito il dolore alle vertebre L4 e L5 – le conosco per nome ormai e potrei disegnarle – mi sono rimesso in moto, letteralmente. L’obiettivo fissato era il passo San Marco, in Lombardia, quindi dal trentino, via verso il Tonale, poi l’Aprica, poi la Valtellina per iniziare la salita sui tornanti secchi del monte della bergamasca.

Bellissimo davvero, ve lo consiglio, soprattutto la discesa verso la Val Brembana che poi si infila – non so dirvi come ci sono arrivato – nella Val Taleggio che è uno spettacolo!

Per la notte, dato che la tenda l’avevo scaricata, mi sono trovato un alberghetto sul lago di Como, senza sapere che proprio li vicino era arrivato Roberto, vecchio collega del paddock, amico, fratello di tante avventure.

La sua telefonata è arrivata dopo aver visto una foto del Passo San Marco su Facebook, mi dice: “Anche io lo voglio fare quel Passo, ma sei ancora in zona?”. “Certo! – rispondo – Perché domani non ci vediamo a Mandello del Lario per un caffè?”. Detto fatto, appuntamento, manco a dirlo davanti al mitico cancello rosso della Moto Guzzi per il giorno successivo.

Fatte le foto di rito è arrivato il momento del caffè, ma non poteva essere preso se prima non avessimo chiamato Ezio. E nonostante i suoi mille casini alla fine Ezio è arrivato e parlare con lui è stato fantastico, nessuno come Gianola sa parlare di moto, motociclisti e gare.

Roberto Pagnanini, Ezio Gianola e l’altro sarei io.

La giornata, una volta salutati gli amici al caffè, per me è proseguita verso la Svizzera. Avevo in taccuino da fare alcuni passi li, ma diciamo che i miei entusiasmi si sono sgonfiati quasi subito, alla frontiera con la prima gabella rosso-crociata: la vignette per l’autostrada.

Non sono un’amante della strada veloce, anzi, se posso la evito accuratamente, ma in Svizzera ci sono anche delle “pseudo autostrade” che non avrei potuto evitare, quindi prima del Maloja, via a 44 euro circa per un adesivo.

Non fa niente – penso – le strade sono talmente belle qui che il sacrificio vale il prezzo. E invece no. Faccio tutta la strada verso Saint Moritz e mi fermo a mangiare sul bellissimo lago di Murtarol. Ve la faccio breve: una Cesar Salad con ricordi di pollo, un’acqua minerale liscia, un caffè: 32 euro. Poi devo fare benzina, che sta a 2,5 euro al litro e anche qui mi accontento e metto 10 litri pagati carissimi! Vabbè, proseguo. Più avanti c’è l’Albula Pass, che stavolta riesco a fare senza pioggia. Uno spettacolo.

Tutto fantastico se non per il fatto – e qui si vede quanto sono “italiano” – che debba rispettare alla lettera i limiti di velocità che se no mi fanno piangere, come ha detto un amico castigato dalle “guardie svizzere”.

Fatto l’Albula, sono andato verso il Passo del Pragel che non è proprio lì vicino.

La Guzzi al lago Klontal, prima del Pragel

La strada per salire sul passo è abbastanza stretta. In alcuni momenti mi sono chiesto chi me l’avesse fatto fare. E invece, di colpo, questa montagna ti regala scorci magnifici, come il lago Klontal, che è una gemma verde d’acqua cristallina, incastonato in un paesaggio da favola con le dolomiti che si tuffano a strapiombo contrastate da un bosco fitto e profumato.

Proseguo contento, anche se la sera si avvicina e di un albergo non se ne vede la traccia. Salgo in cima al passo, sono stanco. Schivo mucche in libertà e i loro prodotti della digestione lasciati sulla stretta lingua di asfalto che sto percorrendo. D’un tratto la montagna smette di salire e inizia a scendere. Imbrunisce e mi preoccupo, non ho un letto dove dormire e ho fame (chi mi conosce sa che con la fame divento poco socievole).

La strada si fa ripida in discesa, come avessero voluto risparmiare sui tornanti, e stretta. Alcune curve cieche mi fanno pensare a quanto sarebbe disastroso l’incontro con un’auto nel senso contrario e questo evento, fortunatamente non accade. Improvvisamente la discesa si addolcisce e il bosco si dirada, sono arrivato dall’altra parte. In lontananza un albergo di montagna, andrò li – penso – mentre i fari a led della Guzzi mi spianano la vista verso la meta.

Albergo di montagna, dicevo. Umile abbastanza ma non troppo. Vi spiego. La ragazze che è nel bar fa anche da receptionist. Alla domanda “Avete una stanza per stanotte?”, la risposta che mi spiazza è: “Ha prenotato?”. La guardo sorpreso. Alla fine la stanza c’è. “Sono 65 euro con bagno in comune e 80 euro con bagno in camera”. Prendo quella che costa di più, a patto che si ceni anche. Lei annuisce e l’affare è chiuso. Il conto però è salato, un piatto a base di carne di maiale e verdure costa 35 euro (sempre con acqua, non bevo alcolici), quindi fate i conti.

La Svizzera iniziava a starmi sullo stomaco, ma non fa nulla, il giorno seguente si va per passi, pensavo. Mai fare i conti senza guardare le previsioni meteo in montagna, tant’è che il giorno successivo l’hotel è dentro una nuvola. Piove. A tratti ma piove.

Non mi demoralizzo, voglio fare il Passo del San Gottardo. La strada è un susseguirsi di paesaggi, ma è lunga. Molta autostrada, laghi di montagna e pioggia. Persevero.

Salgo sul Gottardo bardato come un sub. Fa freddo, ma ok. Ma continua a piovere a tratti. Guardo l’app per il meteo e finalmente realizzo che sta piovendo su tutto l’arco dolomitico, dalla Slovenia alla Francia, dove sarei voluto arrivare.

Non è cosa. Metto la moto in direzione Italia e a Bellinzona le cose si fanno chiare per me. Fermo a una specia di autogrill di lusso dove un piatto di pasta viene prezzato 22 euro, inizia a piovere a bicchierate. Capisco che il mio tempo in giro in moto è finito e decido di tornare a casa, a Roma.

Alla fine con i fulmini che mi scendevano accanto sul Lago Maggiore e la pioggia che mi ha inseguito fino alla serranda del box, mi sono fatto circa 1000 km, quasi tutti sul bagnato in circa 12 ore di guida.

I conti di questo viaggio sono di 7000 km, la moto ora ha 20.000 km e aspetta di fare il suo secondo tagliando (presso Motolandia99 di Roma) e di cambiare le gomme (che hanno circa 11.000 km) che sono un po’ basse di battistrada. Adesso devo aspettare 11 mesi prima di rifare un giro così.

Ho tanto tempo per inventarmi strade nuove.

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2 commenti Aggiungi il tuo

  1. giuliano ha detto:

    molto bello! grazie della pubblicazione

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