La solitudine e la prepotenza disperata del potere nella MotoGP

Sta succedendo qualcosa nel mondiale. Qualcosa che è iniziato molto tempo fa, solo che adesso la Dorna non ha più paura di essere giudicata, lo fa e basta.

I piccoli equilibri che si erano creati negli anni sono finiti esattamente in Austria con la famosa conferenza stampa a poteri riuniti – FIM, Dorna e IRTA – che introduceva la “sprint race” dalla prossima stagione. Un fulmine a ciel sereno di cui pochi sapevano nel paddock prima dell’accensione delle telecamere.

Il paddock della MotoGP è fatto di persone, aziende e realtà che vivono per l’esistenza stessa delle gare, ma sono parametrate a una routine che dura da anni e che da anni viene limata e rosicchiata dal punto di vista dei costi. Il fatto che l’organizzatore del mondiale abbia deciso di avere una gara in più a week end cambia tutto (costi, ritmo di lavoro, lucidità dei piloti, per esempio).

Diciamolo chiaro ancora una volta, la scelta di raddoppiare le gare è una stron…ta pazzesca perché cerca di aumentare lo spettacolo, ma non di cambiarlo. Le sprint race non hanno una valenza per l’albo d’oro e quindi in effetti non valgono nulla, servono solo ad aumentare la percentuale di rischio di danni per cose e persone (piloti).

Ma Dorna sta cercando una svolta perché la MotoGP non è più uno degli sport televisivamente più attraenti per gli spettatori. Prima si campava di rendita, con Rossi e poi con l’antagonismo contro Rossi. Ora Rossi non c’è più, è rimasto solo un acciaccato (ma veloce Marquez) su una Honda “canestro” che solo lui guida contro otto Ducati che stanno cercando a tutti i costi di non vincere un mondiale che doveva essere dominato dalle moto italiane.

Il fatto è che il campionato è vecchio. Vecchio nelle sue routine, vecchio nei suoi codici comunicativi, vecchio per le sue moto che sono termiche, poco efficienti e rumorose per il pubblico più giovane e attento alle nuove tematiche della mobilità. Dorna si è accorta di una parte del problema e sta cercando di cambiare qualcosa, perché vede nei suoi conti una voragine di debito in crescita che potrebbe mettere a rischio l’organizzazione stessa delle gare.

Da qui il cambio di rotta, da qui la volontà di rompere gli equilibri esistenti. Business is business dicono gli americani e forse è anche quello che sta sussurrando nelle grandi orecchie di Carmelo Ezpeleta il fondo Bridgepoint che controlla la Dorna: “troppi debiti, troppa incertezza; mischia le carte se vuoi rimanere dove sei”, potrebbe essere uno dei messaggi arrivati a Madrid.

Chiaro è che questa disperazione gestionale porta a una serie di scelte discutibili per gli appassionati e giustificabili per l’organizzatore, come quella di mettere alla porta la Clinica Mobile per far entrare la spagnola Quiron. Cosa cambierà per il servizio ai piloti lo capiremo a fine stagione quando sarà chiaro quale sarà il perimetro della nuova “Clinica”.

Quiron infatti potrebbe occuparsi solo della fisioterapia e dei massaggi, razionalizzando la parte clinica medica che già opera per Dorna da qualche anno. In effetti la Clinica Mobile italiana sconfinava a volte, andando a usare i suoi medici anche per diagnosi (a volte non richieste e contrastanti) e per indirizzare in Italia i piloti che necessitano operazioni ortopediche o trattamenti particolari. Quiron riporterà certamente il baricentro in Spagna, esattamente come vuole Dorna che vuole tenere sotto controllo tutto.

Ezpeleta, suo figlio e il suo entourage sono sempre stati iberocentrici, ora vogliono controllare tutto quello che ha un impatto sul budget, tutto. E questo comprende la volontà di aprire il mondiale a Paesi lontani e poco interessati alle moto come l’Arabia Saudita o inserire l’India (a cui interessano le due ruote) costringendo il paddock a una trasferta che sarà sicuramente più difficile di quella argentina.

A volte la cura è peggio della malattia e Dorna, mi spiace, non sta curando il malato (le gare e lo spettacolo), sta cercando di curare le sue difficoltà di bilancio, in una maniera così violenta da far pensare che ci sia della fretta nel farlo, come quando vuoi vendere una macchina che ha degli anni, ma ha tutta una serie di danni, allora ti affretti a rifare la carrozzeria alla meglio, la lucidi bene e non metti le mani sul motore, che ha sulle spalle troppi chilometri.

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