La pistola fumante di Hammamatsu

Non è una bella situazione quella che stiamo vivendo da un po’ di tempo a questa parte. Prima la pandemia, poi la guerra della Russia all’Ucraina come macro problemi ma mettiamoci anche la crisi dei semi conduttori e tutto quello che ne segue.

Adesso, sembra che Suzuki (sembra perché non esiste un comunicato ufficiale al momento o un manager che abbia confermato la notizia) sia intenzionata a lasciare la MotoGP a fine anno. Se questa voce fosse venuta da Yamaha o da Honda, ci sarebbe stato un cataclisma, ma Suzuki queste scelte drastiche le ha già fatte in passato. Ma perché ora. Perché, visto che c’è una moto competitiva che ha vinto un mondiale giusto 2 anni fa e perché, visto che ora c’è un manager italiano, Livio Suppo, che sta facendo marciare tutto bene?

Ricordatevi quello che avete letto nelle prime righe di questo pezzo, ci sono delle ragioni mondiali, ma non solo, ci potrebbero essere delle ragioni finanziarie. Ricordiamoci che il “fiscal year” giapponese è terminato a marzo 2022, e i numeri del 2021 sono tutt’altro incoraggianti per Suzuki. Nel mondo, per il marchio nipponico, vanno male le vendite di auto, di camion leggeri, di fuoristrada, le moto un po’ fanno ma non arrivano al più nelle statistiche. Penserete che questo non basti per prendere determinate decisioni, e invece… Il problema a ben guardare i report di Suzuki, che tutti potete recuperare se volete dal sito istituzionale della Casa, sono i 4 anni precedenti, con segni meno a fine di ogni esercizio.

Sì, ma la MotoGP perché eliminarla? Per quei 110 milioni di euro (più o meno 15 miliardi di yen) che si sarebbero dovuti spendere nei prossimi 5 anni, secondo il contratto firmato con Dorna, che potrebbero servire a fare altro o a mantenere aperta ad esempio la filiale indiana Maruti, che non se la passa bene. Oppure possono servire per mettere le mani alla gamma moto di Suzuki che non vede un vero nuovo modello da tanto tempo. Ragioniamoci su, la V-Strom è ferma a una decina di anni fa, la Katana, la GT, le GSR 1000 in tutte le loro declinazioni derivano dalla gloriosa GSXR K5 (del 2005), la gamma Burgman 650 e 400 salvo qualche ritocco estetico è pure lei datata meccanicamente, nuova c’è solo la Hayabusa ma non è una moto da “numeri”.

Questo per le moto. Per le auto non ci sono modelli completamente Suzuki se non per la Ignis, la Swift, la Jimny e la Baleno, tutto il resto arriva meccanicamente o come modello completo da Toyota.

Se facciamo due passi indietro e ci togliamo la veste di appassionati di moto che soffrono per l’uscita di scena di un competitor nella classe regina, potremmo vedere chiaramente un’azienda in agonia finanziaria. La scelta di uscire di scena dunque, non viene perché Dorna abbia chiesto più volte a Suzuki di fare un team satellite (che nessuno dei giapponesi ha mai voluto fare) ma per il fatto più alto di dover tagliare dei rami che sono floridi ma che levano risorse importanti al tronco, ovvero alla casa madre ad Hammamatsu.

Quindi, se verrà confermato l’addio di Suzuki al mondiale, ricordiamoci che le gare sono belle ma le corse si fanno per una serie di motivi: rafforzare il brand per le vendite su tutto. Ma se le vendite non ci sono e anche vai bene nelle corse, non vale più la pena di farle. Questo, a mio parere, il ragionamento del controllo di gestione di Suzuki Motor Corporation che fa auto, moto, marine e off road.

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