L’Italia non è un Paese per la sharing mobility

Non ci siamo, così decisamente non va. La notizia è freschissima, è stata riportata dal sito Sicurmoto (link QUI) e parla dell’abbandono da parte del gigante spagnolo Acciona dell’Italia per quanto riguarda il suo servizio di scooter sharing.

Li avrete visti in giro, si tratta degli scooter elettrici rossi e bianchi, quelli prodotti dalla Silence in Spagna (azienda che produce anche i mezzi a due ruote per Seat e che è di proprietà di Acciona dal 2020), sono ovunque a Roma e a Milano. Girano, vengono noleggiati, insomma sembra andare bene e invece non è così. Secondo quanto riporta il sito Sicurmoto, Acciona (che è un’azienda di servizi e costruzioni spagnola) sembra si sia fatta i conti e abbia giudicato il business poco redditizio, soprattutto per determinati fattori che ora vedremo insieme.

Scooter Acciona a Roma

L’azienda si prepara a ritirare 1700 scooter e a licenziare tutto il personale (circa 39 persone) impiegato in Italia perché, essenzialmente, abbiamo fatto di tutto per far scappare Acciona dalle nostre città. Tra i motivi della decisione, una scarsa cura dei clienti nei confronti dei mezzi messi in sharing (usi impropri, atti di vandalismo, furti dei caschi e danneggiamenti generalizzati dei mezzi), strade dissestate che obbligano a frequenti soste in officina per riparare le sospensioni degli scooter, oltre ai costi assicurativi proibitivi per la circolazione nelle città italiane.

Ripeto il numero: 1700 scooter. Chi inneggia alla mobilità sostenibile e in condivisione si faccia un esame di coscienza che sia il più ampio possibile. L’atteggiamento di usare male un mezzo solo perché è a disposizione su strada, di romperlo perché tanto chissenefrega, di fregarsi il casco (a Roma ne vedo tanti in testa a persone che non sono su uno scooter Acciona) sono una parte del problema.

Un altro esame di coscienza è quello che dovrebbe arrivare dalle amministrazioni comunali che da una parte hanno consentito l’invasione selvaggia di mezzi in sharing (auto, scooter ma soprattutto monopattini) senza una effettiva regolamentazione e senza mettere mano ai problemi strutturali delle città che in nessun modo tengono conto della sicurezza di chi viaggia su due ruote.

La coscienza degli amministratori locali ultimamente viene lavata da qualche km di piste ciclabili, fatte rubando spazio alle strade già strette delle città storiche o limitando il traffico privato – anche per chi è su due ruote – “ad minchiam” dal sindaco di turno. Ebbene, mentre si parla di città a 30 all’ora non si considera che la gran parte delle grandi città ha già questo limite, introdotto dai comuni per evitare di risarcire i motociclisti che cadono su manti stradali scandalosi, disastrati, indegni.

Acciona se ne va? Ha ragione. Non ci sono le condizioni, non siamo adatti. Recentemente sono stato a Parigi e hi riscontrato come (a parte le strade messe complessivamente meglio di quelle italiane) chi usa i mezzi in sharing deve prenderli e parcheggiarli in aree delimitate, altrimenti non si chiude il noleggio. Un atto di educazione dei cittadini che sanno così che quei mezzi ci sono, si prendono e si lasciano in determinati spazi in modo ordinato e non sparpagliati alla “ci fosse un Dio” dove capita.

Maleducati, senza rispetto, utilizzatori aggressivi di una mobilità che poteva fare la differenza. Siamo questo, altro che chiacchiere.

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